Cosa è il lavoro intermittente (c.d. lavoro a chiamata).
E’ un contratto di lavoro subordinato speciale, rispetto al modello generale tipico rappresentato dal contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato.
Vale a dire che: 1) esiste una normativa speciale, relativa all’istituto in esame, quella posta dal decreto legislativo 81/2015, artt. 13-18, e che 2) la normativa generale sul lavoro subordinato (che ha come suo modello il lavoro a tempo pieno e indeterminato) si applica solo in mancanza di norme speciali e nei limiti della compatibilità con la specificità dell’istituto in commento.
La specialità del lavoro intermittente risiede nel fatto che la prestazione lavorativa viene utilizzata dal datore di lavoro in modo discontinuo ovvero quando ne ha effettivamente bisogno e quindi su sua richiesta, mentre nell’ambito del modello tipico di lavoro subordinato, quello a tempo pieno e indeterminato, la prestazione lavorativa è utilizzata in modo continuo cioè continuativamente nel tempo dal datore di lavoro.
La prestazione lavorativa nel lavoro a chiamata cioè è intervallata da interruzioni per tutta la durata del contratto di lavoro di modo che non vi è coincidenza tra durata del contratto e durata della prestazione; mentre nel modello tipico di lavoro subordinato, la prestazione lavorativa richiede uno sforzo continuo e continuativo di modo che vi è coincidenza tra durata del contratto e durata della prestazione (salvo sospensioni della prestazione per malattia, infortunio, matrimonio, puerperio)
Tipologia di lavoro intermittente.
Il lavoratore intermittente può essere assunto con una delle seguenti tipologie di contratto:
A) di lavoro intermittente con espressa pattuizione dell’obbligo di disponibilità, in cui il lavoratore è obbligato a restare a disposizione del datore di lavoro per effettuare la prestazione lavorativa quando il datore stesso lo richieda, in cambio di una controprestazione consistente nel pagamento da parte del datore di lavoro di una indennità economica;
B) di lavoro intermittente senza obbligo di disponibilità, in cui il lavoratore non si impegna ad accettare la chiamata del datore di lavoro, restando libero di accettare o di rifiutare la prestazione lavorativa (senza per ciò incorrere in responsabilità).
Il recesso dal contratto di lavoro intermittente: disciplina speciale.
1) Nella ipotesi di lavoratore intermittente assunto con contratto di lavoro intermittente con espressa pattuizione dell’obbligo di disponibilità (ipotesi A del paragrafo precedente), il decreto 81/2015 prevede un caso speciale di risoluzione del contratto ad iniziativa del datore di lavoro (consistente nel recesso ovvero nel licenziamento del lavoratore).
Dispone infatti l’art 36 comma VI che “l’ingiustificato rifiuto di rispondere alla chiamata del datore di lavoro può comportare la risoluzione del contratto” (per recesso del datore di lavoro o in termini del tutto equivalenti per licenziamento del lavoratore).
La facoltà di risolvere il contratto di cui parla l’art. 36 comma VI può certamente essere esercitata senza il rispetto delle formalità previste dalla normativa generale sul licenziamento.
Vanno rispettate invece le formalità generali previste dalla normativa codicistica sulla risoluzione per inadempimento del contratto a prestazioni corrispettive (artt. 1454 e ss. c.c.). Infatti quella dell’art 36 comma VI è una ipotesi speciale di risoluzione per inadempimento: non rispondere alla chiamata del datore di lavoro che si ha l’obbligo di accettare, infatti, equivale all’inadempimento del contratto di lavoro intermittente con espressa assunzione dell’obbligo di disponibilità.
2) La dottrina segnala un secondo caso speciale di risoluzione del contratto di lavoro intermittente, questa volta inerente il contratto perfezionato senza obbligo di disponibilità (ipotesi B paragrafo precedente).
Trascorso un adeguato lasso di tempo senza chiamata da parte del datore, o senza accettazione della chiamata da parte del lavoratore, il contratto deve considerarsi risolto, per il venir meno dell’interesse ad utilizzare la prestazione, o a fornirla, rispettivamente.
Importante evidenziare, inoltre, che nei periodi di interruzione del lavoro, il lavoratore intermittente non vanta alcun diritto verso il datore di lavoro (la legge considera irrilevante l’interesse del lavoratore intermittente ad essere chiamato).
Il recesso dal contratto di lavoro intermittente: disciplina generale.
Fuori dei casi speciali anzidetti, non esiste disciplina speciale sul recesso (dimissioni e licenziamento) dal contratto di lavoro intermittente.
Si applica pertanto, fuori dei due casi anzidetti, la disciplina generale sul recesso dal contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Tale disciplina, 1) nel caso del recesso da parte del datore di lavoro ovvero di licenziamento del lavoratore (che è quello più cospicuo), subordina il recesso-licenziamento a) all’esistenza di una giusta causa o giustificato motivo (ferma restando la nullità del recesso-licenziamento discriminatorio cui è equiparato il recesso-licenziamento orale) e b) all’osservanza di procedure formali complesse e ulteriori rispetto al mero onere della forma scritta e motivata; 2) in caso di recesso-licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo offre una tutela reale (reintegrazione nel posto di lavoro) ovvero obbligatoria (risarcimento del danno), a seconda delle dimensioni occupazionali dell’impresa.