La vicenda
Le parti stipulavano un contratto preliminare di compravendita e in occasione di tale contratto il promittente acquirente consegnava nelle mani del promissario venditore un assegno pari a 30 mila euro a titolo di caparra confirmatoria.
Il promissario venditore, tuttavia, qualche giorno dopo la stipula del preliminare di vendita dichiarava di non voler più adempiere e restituiva l’assegno al promittente acquirente, che lo accettava.
Tuttavia, non rassegnato, il medesimo promittente acquirente agiva in giudizio ottenendo dal giudice di prime cure la condanna del promissario venditore al pagamento della somma ulteriore di 30 mila euro, in applicazione a quanto disposto dall’art. 1385 comma II del c.c.
Contro la sentenza di condanna in parola, il promissario venditore proponeva gravame al giudice d’Appello il quale riformava la sentenza di primo grado sul presupposto di diritto che la mera ricezione dell’assegno bancario, restituito dalla parte inadempiente, implica lo scioglimento del rapporto di caparra per mutuo consenso tra le parti.
Il promittente acquirente si rivolgeva quindi all’organo supremo della giurisdizione. Quid juris? Si considerino preliminarmente le seguenti note intorno alla normativa coinvolta dal caso in esame.
Caparra: fonte, definizione, funzione, natura giuridica
L’istituto della caparra confirmatoria è considerato dall’articolo 1385 del c.c. il quale, per quanto qui interessa, dispone quanto segue.
Comma I: “Se al momento della conclusione del contratto una parte dà all'altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta”.
Comma II: “Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra”.
La caparra dunque è una somma di denaro, o altra quantità di cose fungibili, consegnata da una parte all’altra di un contratto a prestazioni corrispettive, al momento del perfezionamento del contratto stesso.
Per quale scopo? La caparra confirmatoria ha funzione poliedrica giacché serve a: dimostrare la serietà dell’impegno; fornire un acconto sul pagamento; permettere il recesso dal contratto senza la necessità di adire il giudice; stabilire in misura forfettaria il danno derivante dal recesso esercitato a causa dell’inadempimento della controparte.
Ad avviso della dottrina maggioritaria, la caparra non è un patto accessorio al contratto ma un vero e proprio contratto autonomo. È un contratto reale, per il cui perfezionamento è necessaria la materiale consegna del bene alla controparte.
Segue: effetti della caparra
In merito al funzionamento della caparra, una volta che il contratto è stato adempiuto, essa: viene restituita, oppure viene imputata a titolo di acconto sul prezzo (art. 1385 comma I c.c.).
In caso invece di inadempimento, se è la parte che ha versato la caparra ad essere inadempiente, l’altra parte può recedere dal contratto e trattenere la caparra a titolo di risarcimento del danno; se è la parte che ha ricevuto la caparra ad essere inadempiente, l’altra parte può recedere dal contratto e pretendere il doppio della caparra a titolo di risarcimento del danno (art.1385 comma II c.c.).
Accettare la restituzione dell’assegno non equivale a rinunciare al doppio della caparra (Corte di Cassazione, Sentenza 12 luglio 2021 n. 19801)
Tornando al caso in esame il problema, dovrebbe ormai essere chiaro, consiste nello stabilire se accettare la restituzione dell’assegno dal promissario venditore inadempiente sia condotta, comportamento configurabile o meno come una tacita manifestazione della volontà idonea a risolvere il rapporto di caparra per mutuo consenso.
Esso è stato affrontato esplicitamente dalla Corte di Cassazione con la Sentenza 12 luglio 2021 n. 19801.
Sostiene che, se a seguito dell’inadempimento, una parte restituisca all’altra l’assegno versato ex art. 1385 c.c., la parte che accetta la restituzione non perde il diritto ad ottenere il doppio della caparra per il solo fatto di accettare la restituzione dell’assegno.
La mera restituzione dell’assegno – accettato dall’altra parte – non integra una rinuncia implicita alla caparra. La mera accettazione dell’assegno è un comportamento neutro privo di alcuna volontà adesiva. È pur vero che la volontà del creditore di rinunciare al doppio della caparra può derivare anche da comportamenti concludenti, ma essi devono desumersi da circostanze evidenti e incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto.
La massima di diritto
In conclusione, la Corte ha espresso il seguente principio di diritto: “in tema di caparra confirmatoria, nel caso in cui la parte inadempiente restituisca la somma versatale a titolo di caparra dall'altra parte contrattuale (nella specie, a mezzo assegno bancario), non viene meno il diritto della parte adempiente a pretendere il doppio della caparra, da far valere, ove non emerga in senso contrario un'univoca volontà abdicativa del suo diritto da parte del creditore, mediante l'esercizio del recesso, anche con la proposizione di apposita domanda giudiziale in caso di mancata conformazione spontanea dell'inadempiente al relativo obbligo”.