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Servitù prediali

Cosa sono le servitù prediali

Le servitù prediali sono diritti reali di godimento su cosa altrui che conferiscono al titolare un diritto su un immobile altrui a favore del proprio.

Si viene a creare così un vincolo di subordinazione giuridica di un immobile, che si dice fondo servente, a favore di un altro, che si dice dominante. 

Poiché il diritto di proprietà è un diritto assoluto, esso può essere limitato dall’esistenza sulla medesima cosa di un diritto reale altrui solo nelle strette ipotesi previste dalla legge. 

Regole comuni alle servitù prediali 

La legge, l’ordinamento giuridico, presuppongono una lunga elaborazione giurisprudenziale che ha individuato alcuni principi fondamentali in materia di servitù prediali:

1) “nulli res sua servit”: la servitù prediale può sussistere solo tra fondi appartenenti a diversi proprietari; 

2) “servitus in faciendo consistere nequit”: la servitù prediale non può consistere in un obbligo di fare da parte del proprietario del fondo servente ma deve consistere o in un “pati” (tollerare) o in un “non facere”;

3) “servitus fundo utilis esse debet”: la servitù prediale deve corrispondere ad una esigenza o utilità economica del fondo dominante non già ad una esigenza personale e soggettiva del proprietario attuale del fondo stesso; 

4) perpetuità della servitù: l’utilità obiettiva che la servitù offre al fondo dominante la rende potenzialmente perpetua;

5) vicinitas dei due fondi: da intendersi non necessariamente come contiguità ma come relazione topografica tale da permettere il rapporto di utile subordinazione tra fondi;

6) indivisibilità della servitù: la servitù prediale è una qualitas del fondo e dunque non è concepibile una servitù a favore o a carico di una parte del fondo stresso.

La violazione anche di uno solo dei principi suddetti impedisce la valida costituzione della servitù prediale ovvero impedisce la valida limitazione del diritto di proprietà altrui. 

Indivisibilità delle servitù prediali: esempio concreto 

Preme in particolare individuare correttamente il concetto di indivisibilità della servitù e a tal fine si parte dall’analisi di una clausola di un contratto di compravendita di un immobile stipulato nella forma dell’atto pubblico (di fronte ad un notaio).

La clausola è la seguente: “si costituisce servitù di passaggio, senza limitazione oraria per pedoni, carri e mezzi meccanici agricoli e di qualsiasi specie, a carico del fondo compravenduto, a favore del mappale n. XXX rimasto alla parte venditrice, per accedere e recedere dalla strada comunale per servizi e necessità annessi all’area retrostante il fabbricato”.

La clausola esprime chiaramente che il rapporto di subordinazione del fondo servente rispetto a quello dominante è instaurato “per servizi e necessità annessi all’area retrostante il fabbricato”. 

Vale a dire che il rapporto de quo è strumentale alla utilitas non di tutto il fondo dominante ma di una parte soltanto, appunto quella retrostante il fabbricato.

Ciò è escluso dal principio della indivisibilità delle servitù per il quale, essendo la servitù una qualità del fondo, essa non può costituirsi a favore di una parte o porzione soltanto del fondo dominante.

Ciò è sintetizzato in un brocardo latino di origine giustinianea: “servitus per partes constitui non potest (la servitù non può essere costituita per parte).

La clausola contrattuale inerente la costituzione della servitù di passaggio è pertanto nulla e la servitù descritta deve considerarsi ab origine inesistente (ferma restando la validità della compravendita immobiliare, trattandosi dei nullità meramente parziale).